lunedì 29 ottobre 2007

Cicale Cicale

Carissimi Oblò(g)ernauti, devo confessarvi che spesso noi insegnanti di lingue, quando ascoltiamo una canzone che ci piace, pensiamo subito a una sua utilizzazione didattica. Io c’ho provato con una canzone che mi è venuta in mente alcuni giorni fa. Non è una canzone recente e nemmeno particolarmente bella (anzi... direbbe qualcuno), ma a cui io sono particolarmente affezionato. Erano i primissimi anni ’80 e sulla televisione di stato (che poi è sempre la stessa: la RAI) imperversava una ballerina bionda con accento marcatamente americano. Canale 5 era appena nato e non esistevano ancora gli altri canali dell’ex-next presidente del governo, cavaliere del lavoro, avvocato, dottor Berlusconi. Era lei: Heather Parisi, la più amata showgirl degli ottanta. La sua specialità era la spaccata, ma non una spaccata qualsiasi bensì una spaccata verticale. Un po’ come se io adesso alzassi un braccio, magari quello destro e lo allungassi verso l’alto, dritto dritto, sfiorando l’orecchio. Facile, no? Bé, Heather faceva la stessa cosa con la gamba. Ma veniamo alla canzone di cui vi parlavo: “Cicale cicale” (in spagnolo sarebbe: “Cigarra cigarra”).
Tutti i bambini dell’epoca la canticchiavano “Tele cicale, cicale cicale. E la formica invece non cícale mica”. Ora, io, con tutta la buona volontà di questo mondo, ho cercato in tutti i modi di trovare un pretesto didattico per presentarla a voi studenti, ma onestamente non l’ho ancora trovato. Dovrei, infatti, giustificare l’esistenza di un nuovo verbo: “cicalare”, appunto. Dovrei dire, ragazzi ripetiamo tutti insieme “io cicalo, tu cicali, lui cicala... noi cicaliamo”, che è un verbo regolare, della prima coniugazione. Come tutti sanno, infatti, i verbi irregolari in –are sono solo quattro: andare, fare, stare e dare, ma certamente sono più noiosi. Il verbo cicalare, poi, si potrebbe usare facilmente in tutte le salse. Parlando al passato: “- Cosa hai fatto ieri?” ”Io ho cicalato, e tu?” “- avrei cicalato volentieri, però avevo molte cose da fare.” La canzone raggiunge il suo massimo di pathos in questo verso “nella scatola del mondo io tu, per cui la quale cicale cicale cicale”, di difficile traduzione e praticamente inutilizzabile in una lezione dedicata ai pronomi relativi. Ma ora bando alle ciance e ascoltiamo la canzone.


6 commenti:

paolo gimmelli ha detto...

Mi dispiace "smontare" il post.
Il testo della canzone diceva (me lo ricordo...):
Delle cicale, ci cale ci cale ci cale.
Della formica, invece,
non ci cale mica.

Il verbo (obsoleto secondo De Mauro) è calére, di seconda coniugazione, e vuol (voleva) dire "interessare, importare". Insomma, della formica non ce ne importa niente.

Denis ha detto...

E bravo Paolo, molto erudito devo dire. Anche se mi dispiace che il testo dica "ci cale" (con "ci" come pronome)e non "cicale" come era scritto sul disco. Avrei voluto anch'io come Hether inventare un verbo simpatico, magari come "zanzarare" (disturbare con rabbia qualcuno che sta dormendo), "pipistrellarsi" (muoversi nel buio con disinvoltura)o "struzzarsi" (sottrarsi ai problemi in modo un po' vigliacco). Ma soprattutto è stata una scoperta sapere che anche la Parisi prima di addormentarsi legga il De Mauro.

Denis ha detto...

A proposito del verbo in questione, l'ho trovato sul Garzanti e questa è la definizione "CICALARE v. trans. (aus avere)parlare a lungo e noiosamente di cose futili; ciarlare." Insomma, sembra proprio che Hether Parisi i dizionari se li abbia letti proprio tutti!

Denis ha detto...

oops... volevo dire "se li SIA letti"

paolo gimmelli ha detto...

Ricordo che quella canzone fu un vero tormentone per molto tempo. Non so quanto tempo sia passato ma il ricordo mi fa sentire un po' "vecchio". La proposta creativa di verbi "animali" è comunque intrigante. Mi ricorda i giochi di fantasia di Gianni Rodari. Complimenti per il bellissimo (e originalissimo)blog!!!

María ha detto...

con questo blog ci fate imparare veramente tanto della lingua e cultura italiana.grazie denis e gio

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