Contrariamente al detto popolare "Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace", nel nuovo libro di Umberto Eco "Storia della bruttezza", l'autore presenta una straordinaria rassegna di esempi di come la cultura occidentale abbia immaginato il brutto e i suoi moltissimi sinonimi (sordido, banale, orrendo, grottesco, ...). Dopo la 'Storia della bellezza', grande successo internazionale del 2004, Eco si cimenta ora in quello che sembrerebbe il suo concetto opposto e complementare. Gli autori e le opere citati nella 'Storia della bruttezza' sono tantissimi, si va da Leonardo a Proust. L'Espresso anticipa alcuni brani del libro che uscirà il 10 ottobre. I testo che vi presentiamo qui vi consigliamo di leggerlo lontano dai pasti perché è alquanto scatologico.
L'invenzione del nettaculo
Ho inventato, - rispose Gargantua, - con lunghe e diligenti esperienze, un mezzo per pulirmi il culo, il più nobiliare, il più eccellente, il più attinente che mai si vedesse (.) Provai a pulirmi una volta con la mascherina di velluto di una damigella, e trovai che andava bene, perché la soavità della seta mi procurava davvero un gran piacere al fondamento; un'altra volta, con un cappuccio della medesima, e col medesimo risultato; un'altra volta, con una sciarpa da collo; un'altra volta, con una cuffietta di raso cremisi; ma la doratura di tutte quelle sferette di merda che c'erano su mi scorticarono tutto il didietro: che il fuoco di Sant'Antonio arda il budello culare dell'orefice che le ha fatte e della damigella che le portò!
Guarii quel male, pulendomi con il berretto di un paggio, con su un bel piumetto alla Svizzera. Quindi, cacando dietro una siepe, e trovandoci un gatto marzolino, provai a pulirmi con lui, ma le sue grinfie mi ulcerarono tutto il perineo. Della qual cosa guarii l'indomani, nettandomí coi guanti di mia mamma, ben profumati di belgioino. Poi mi pulii con la salvia, il finocchio, l'aneto, la maggiorana, le rose, le foglie di zucca, di bietola, di cavolo, di vite, di malva, di verbena (che è come il rossetto del culo), di lattuga, e con foglie di spinaci - tutte cose che mi fecero un gran bene ai calli! - e poi con l'erba marcorella, la persichella, le ortiche e la consolida; ma me ne venne il cacasangue dei Lombardi, da cui fui guarito nettandomi con la braghetta.
Quindi mi pulii con le lenzuola, con la coperta del letto, con le tendine, con un cuscino, con uno scendiletto, con un tappeto da tavola, una tovaglia, una salvietta, un moccichino, un accappatoio. E sempre vi trovai maggior piacere che non un rognoso quando gli grattan la schiena. (...) In conclusione, affermo e sostengo, che non v'è migliore nettaculo d'un papero ben piumato; purché si abbia l'avvertenza di tenergli la testa in mezzo alle zampe. E potete credermi sulla parola. Perché sentirete al buco del culo una mirifica voluttà: sia per la soavità di quel suo piumetto, che per il temperato calor naturale del papero, il quale facilmente si comunica al budello culare, e quindi agli altri intestini, risalendo così fino alla regione del cuore e del cervello. ('Gargantua e Pantagruele' I 13)
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