giovedì 11 dicembre 2008

IL DIVO A VALENCIA







Buon momento del cinema italiano. Dopo il successo di "Gomorra" domani, 12 dicembre, arriva al Babel il film IL DIVO di Paolo Sorrentino e interpretato da Toni Servillo (già interprete di "Gomorra"). Il film, che a Cannes ha ricevuto il premio della giuria, ripercorre la storia d'Italia attraverso la figura dell'uomo politico italiano per antonomasia: Giulio Andreotti che in quarant'anni ha ricoperto tutti gli incarichi istituzionali più importanti, tanto da fargli pronunciare la celebre frase: IL POTERE LOGORA CHI NON CE L'HA.

Ma ecco una recensione del film:

C'è un uomo che soffre di terribili emicranie e arriva anche a contornarsi il volto con l'agopuntura pur di lenire il dolore. È la prima immagine (grottesca) di Giulio Andreotti ne Il divo. Siamo negli Anni Ottanta e quest'uomo freddo e distaccato, apparentemente privo di qualsiasi reazione emotiva, è a capo di una potente corrente della Democrazia Cristiana ed è pronto per l'ennesima presidenza del Consiglio. L'uccisione di Aldo Moro pesa però su di lui come un macigno impossibile da rimuovere. Passerà attraverso morti misteriose (Pecorelli, Calvi, Sindona, Ambrosoli) in cui lo si riterrà a vario titolo coinvolto, supererà senza esserne scalfito Tangentopoli per finire sotto processo per collusione con la mafia. Processo dal quale verrà assolto.

Paolo Sorrentino torna a fare cinema direttamente politico in Italia (Il caimano essendo un'abile commistione di politico e privato). Compie una scelta difficile pur decidendo di colpire un obiettivo facile: Andreotti. L'uomo di Stato che è stato definito di volta in volta, la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il Papa nero, Belzebù e, giustappunto, il Divo Giulio si prestava sicuramente a divenire simbolo di una riflessione sui mali del nostro Paese. La scelta era comunque difficile perchè Sorrentino aveva alle sue spalle almeno tre nomi ai quali ispirarsi e dai quali stilisticamente distinguersi in questa sua riscoperta del cinema impegnato: Francesco Rosi, Elio Petri, Giuseppe Ferrara. Sorrentino riesce nell'operazione. Dichiara, consapevolmente o meno, i propri debiti nei confronti degli autori citati nella fase iniziale del film che innerva però sin da subito con una cifra di grottesco che diventa la sua personale lettura del personaggio e di coloro che lo hanno circondato e sostenuto. Proprio grazie a questa scelta stilistica può permettersi, nell'ultima parte del film, di proporci le fasi processuali per l'accusa di mafia grazie a una visione in cui surreale e reale finiscono con il coincidere.

L'Andreotti di Sorrentino è un uomo che ha consacrato tutto se stesso al Potere. Un politico che ha saputo vincere anche quando perdeva. Un essere umano profondamente solo che ha trovato nella moglie l'unica persona che ha creduto di poterlo conoscere. La sequenza in cui i due siedono mano nella mano davanti al televisore in cui Renato Zero canta "I migliori anni della nostra vita" (della quale vi lasciamo il video) entra di diritto nella storia del cinema italiano.

È la sintesi perfetta (ancor più degli incubi ritornanti con le parole come pietre scritte a lui e su di lui da Aldo Moro dalla prigione delle BR) di una vita consacrata sull'altare sbagliato. Una vita in cui, come afferma lo stesso Andreotti (interpretato da un Servillo capace di cancellare qualsiasi remota ipotesi di imitazione per dedicarsi invece a uno scavo dell'interiorità del personaggio), è inimmaginabile per chiunque la quantità di Male che bisogna accettare per ottenere il Bene.






(foto dal web. Testo parzialmente adattato da My movies.it

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La Spagna ? Manca Finezza, Andreotti dixit

mariajesus ha detto...

Giò, scusa... mi sa che ho fatto sbagliare anche te. Il film è a Babel non all'Albatros.
Anche questo film punta bene... vediamo!

Gio ha detto...

Grazie dell'informazie! Ho già corretto il post. Riguardo il giudizio sulla Spagna... che dire? Neanche baciare i famosi è segno di molta finezza e ancor meno di onestà. Quindi il commento di Andreotti lascia proprio il tempo che trova.

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