mercoledì 21 dicembre 2022
FOMO
domenica 18 dicembre 2022
Perché (diavolo) guardiamo film doppiati?
Cari amici del blog, con il corso del C2 stiamo ripercorrendo alcune vicende storiche italiane e in modo particolare del Fascismo. Alcuni alunni hanno scritto dei testi su ciò che hanno scoperto di quel periodo.
Oggi vi presentiamo l'interessantissimo testo scritto da Mar Bayo Montolio, alunna del 1C2. Grazie Mar per questo tuo originale contributo. Quanti di voi sapevano quello che Mar ci racconta? Aspettiamo i vostri commenti al riguardo.
Cari lettori,
sicuramente
molti di voi guardano film doppiati, ma vi siete mai chiesti perché in alcuni
paesi europei, come l'Italia o la Spagna, il doppiaggio è molto più diffuso della
sottotitolazione?
La
verità è che la preferenza di ogni paese per il doppiaggio o la
sottotitolazione include questioni storiche e ideologiche che risalgono agli
anni '20. Sapevate che fu Mussolini a imporre il doppiaggio in Italia con
l'obiettivo di promuovere il nazionalismo e di controllare i contenuti,
censurando "certe parole indesiderabili" e "cattive idee
straniere"?
10 novembre 1937. Mussolini posa la prima pietra
della nuova sede dell’Istituto Nazionale Luce al Quadraro (Roma).
Antonio
Catolfi, professore di cinema presso l’Università di Perugia, ci spiega sul
numero di maggio 2015 di “Between” (la
rivista dell'Associazione Italiana per la Teoria e la Storia Comparata della
Letteratura) che nella prima èra fascista i film stranieri erano proiettati
senza pista sonora e presentati come film muti accompagnati da cartelli in
italiano. Secondo l’autore, questo generò una profonda crisi nel cinema perché
gran parte del pubblico non era in grado di leggere quei cartelli, dato
l’analfabetismo di alcune fasce di popolazione.
Fu in
questo contesto che Mussolini tirò fuori il Regio Decreto-Legge 5 ottobre 1933 -
XI, n. 1414, “Provvidenze varie a favore dell’industria cinematografica
nazionale“, in cui veniva specificato che «le pellicole cinematografiche
sonore estere possono essere proiettate solo dietro doppiaggio o
post-sincronizzazione eseguito in Italia o nel territorio del Regno».
Gazzetta Ufficiale dell’5 ottobre 1933-XI, n. 1414
E cosa
succede nel caso della Spagna?
Come
potete già immaginare, la dittatura spagnola scelse di seguire il modello
italiano e introdusse il doppiaggio nel 1941. Il cinema è stato uno strumento
di "spagnolizzazione" omogenea non solo contro l'influenza straniera,
ma anche contro i regionalismi esistenti nel nostro paese. L'obiettivo del
regime era proprio quello di ricercare “un linguaggio purificato".
Dopo
la morte di Franco nel 1975, la popolazione spagnola era molto abituata al
doppiaggio e aveva assorbito molti dei suoi errori, come la pronuncia inglese
con fonetica 100% spagnola. L'impatto è stato tale che ancora oggi, secondo il
Ministero della Cultura, nei cinema del nostro paese solo un quarto dei film
viene proiettato in versione originale con sottotitoli.
Il
futuro e l'evoluzione della nostra società diranno se il doppiaggio continuerà
ad essere una pratica fattibile e utile, o se sarà relegato ad un'opzione per
anziani e non vedenti. La rivendicazione della versione originale da parte di cinefili
e spettatori esigenti rimarrà ancora in piedi, ma finché il mercato continuerà
a dettare le tendenze, sfortunatamente molti cinema continueranno a mostrare i
migliori attori del mondo con una voce aliena, in tutti i sensi della parola.
Un
saluto a tutti e grazie per la lettura,
Mar
Bayo Montoliu
Vignetta del fumetto argentino Mafalda sulla censura
giovedì 15 dicembre 2022
La medicina dell'occhio
Ciao a tutti e a tutte,
oggi torniamo a parlare ancora una volta di tradizione sarda, precisamente della ''sa mejighina e s'oju'', che significa letteralmente ''medicina dell'occhio'' (o più comunemente chiamato ''malocchio'')
La medicina dell'occhio consiste in un rito magico-terapeutico contro l'aggressione dell'occhio (un influsso negativo che può essere attaccato con uno sguardo da chiunque a chiunque), tale rito dell'occhio può essere messo in atto dai così detti ''guaritori'' , i quali sono persone che hanno appreso per discendenza familiare o per isegnamento diretto da altri guaritori.
Il malocchio proviene dalla paura di avere a che fare con l'invidia, i sardi hanno il tarlo dell'invidia, ad esempio, si credeva che i bambini molto piccoli e belli venissero ''presi d'occhio'' e, quindi, che piangessero sempre per quello.
I sintomi del malocchio sono principalmente mal di testa e un generale malessere psicofisico.
Per poter individuare la presenza del malocchio, il guaritore, prende un bicchiere di vetro trasparente, lo riempie d'acqua e ci mette un paio di granuli di sale grosso. Dopodiché versa dei chicchi di grano e, a seconda di quante bolle si formano o di come il grano sale a galla, si rende conto se la persona è presa d'occhio o no. Ogni chicco, inoltre va messo con una ritualità particolare, accompagnato da alcune preghiere in dialetto sardo che il guaritore sussurra leggermente, perchè la persona deve percepire ma non capire. Assemblato il tutto, la persona colpita dal malocchio deve bere tre piccoli sorsi di questa mistura (giusto bagnarsi le labbra). Dopodichè il guaritore recita un'ennesima preghiera e, successivamente, il contenuto del bicchiere dovrà essere gettato in un luogo con la terra, oppure in un luogo in cui di fronte ci sia una finestra. E' importante specificare che ogni guaritore, però, ha le sue regole, dunque i riti potrebbero variare in alcuni particolari dipendendo dal guaritore appunto.
Sa mejighina e s'oju è una pratica ancora diffusa in Sardegna si stima che nell'isola ci siano oltre 500 guaritori.
Scettici o no, si tratta di un rituale certamente affascinante che incuriosisce anche chi, al solo pensiero di amuleti, ''pozioni'' e preghiere particolari, storce il naso.
Io stessa ho avuto modo di sperimentarla grazie alla zia di mia madre, la quale conosce questa pratica. Non vi nascondo che, da quel momento in poi, mi sono sentita meglio, sarà forse autosuggestione? Un po' come l'effetto placebo, ad ogni modo non ha importanza perchè mi ha fatta sentire meglio, ed è questo ciò che conta.
Voi che ne pensate? Conoscete delle pratiche simili? Fatemelo sapere nei commenti.
Un abbraccio,
Sara
Storia della bandiera Italiana
Ciao ragazzi, oggi vi parlerò di una storia un po’ particolare e curiosa che potreste non conoscere, ovvero la storia del tricolore italiano, la nostra bandiera.
L’inizio della storia Poco dopo gli eventi rivoluzionari francesi, anche in Italia iniziarono a diffondersi estesamente gli ideali di innovazione sociale, a seguito della dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, e successivamente anche politica, con i primi fermenti patriottici. Per tale motivo la bandiera francese blu, bianca e rossa diventò prima riferimento dei giacobini italiani e in seguito fonte di ispirazione per la creazione di una bandiera dello stato italiano.
La successiva adozione da parte dei patrioti italiani del tricolore verde, bianco e rosso fu priva di contrapposizioni politiche.
La coccarda italiana tricolore
Le prime sporadiche dimostrazioni favorevoli agli ideali della rivoluzione francese, da parte della popolazione italiana, avvennero nell'agosto del 1789 con la comparsa di coccarde di fortuna costituite da semplici foglie verdi di alberi, che vennero appuntate sui vestiti dei manifestanti richiamando analoghe proteste avvenute in Francia agli albori della rivoluzione poco tempo prima dell'adozione del tricolore blu, bianco e rosso.
In seguito la popolazione italiana iniziò a usare coccarde vere e proprie realizzate in stoffa: al verde delle foglie degli alberi già impiegato in precedenza, vennero aggiunti il bianco e il rosso in modo da richiamare in modo più marcato gli ideali rivoluzionari rappresentati dal tricolore francese. Il verde venne poi mantenuto dai giacobini italiani perché rappresentava la natura e quindi anche i diritti naturali, ovvero l'uguaglianza e la libertà.
Nascita della bandiera
La bandiera italiana nasce come bandiera militare: nel 1796 un vessillo tricolore, ispirato a quello francese, identifica il contingente italiano dell'esercito di Napoleone, chiamato la Legione Lombarda, che fu quindi il primo reparto militare italiano ad avere come stendardo un vessillo tricolore. Secondo le fonti più autorevoli la scelta perpetrata dai membri della Legione Lombarda di sostituire il blu della bandiera francese con il verde è anche legata al colore delle divise della milizia cittadina milanese, i cui componenti indossavano un'uniforme di questa tonalità, ovvero un abito verde con mostrine rosse e bianche;
Con la trasformazione della Repubblica Cisalpina in Repubblica Italiana (1802-1805), un ente statale che non comprendeva tutta la penisola italiana e che era direttamente dipendente dalla Francia napoleonica, la disposizione dei colori sulla bandiera mutò in una composizione formata da un quadrato verde inserito in un rombo bianco, a sua volta incluso in un riquadro rosso: da questa bandiera ha tratto ispirazione lo stendardo presidenziale italiano in uso dal 14 ottobre 2000.
Con la sconfitta di Napoleone, nel 1814, il Tricolore fu abolito. Tuttavia, restò nella memoria degli italiani e più volte fu innalzato contro il governo degli austriaci. Con la caduta di Napoleone e la restaurazione dei regimi monarchici assolutistici, il tricolore italiano entrò in clandestinità, diventando simbolo dei fermenti patriottici che iniziarono a percorrere l'Italia, la cui stagione è conosciuta come Risorgimento. Addirittura per chi esponeva il tricolore italiano era prevista la pena di morte. L'obiettivo degli austriaci era infatti, citando le testuali parole dell'imperatore, di "fare dimenticare di essere italiani".
Il Regno di Sardegna
Nel 1848 il tricolore fu adottato nel regno di Sardegna dai Savoia, che vi inserirono il loro scudo (una croce bianca in campo rosso). Il re di Sardegna Carlo Alberto Di Savoia, quando scoppiò la prima guerra d’indipendenza,Il 23 marzo 1848, l'indomani della cacciata degli austriaci da Milano, assicurò al governo provvisorio della città lombarda bandiera militare un tricolore con lo stemma sabaudo sovrapposto sul bianco.
Però l’Italia era ancora divisa e sotto il controllo di diverse potenze.
Unità d’Italia
Con l’unità d'Italia (1861) il tricolore diventò la bandiera del Regno d’Italia. Durante la seconda guerra d’indipendenza le città che man mano venivano conquistate dal Re Vittorio Emanuele II di Savoia e da Napoleone terzo di Francia salutavano i due sovrani come liberatori in un tripudio di bandiere e coccarde tricolori; Il tricolore accompagnò anche i volontari della spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi. l'Eroe dei due Mondi, in particolare, aveva una deferenza e un ossequio assoluto nei confronti della bandiera italiana. È di questi anni il grande entusiasmo della popolazione nei confronti del tricolore: oltre che dall'esercito del Regno di Sardegna e dalle truppe di volontari che parteciparono alla seconda guerra d'indipendenza, la bandiera verde, bianca e rossa si diffuse capillarmente nelle regioni appena conquistate o annesse tramite plebiscito, comparendo sulle finestre delle case, nelle vetrine dei negozi e all'interno di locali pubblici come alberghi, taverne, osterie, ecc.
Epoca fascista
Con la marcia su Roma e l'instaurarsi della dittatura fascista la bandiera italiana perse la sua unicità simbolica venendo in parte oscurata dall'iconografia di regime. Quando veniva utilizzata, ne era snaturata la storia, dato che il tricolore nacque come simbolo di libertà e di diritti civili, mentre nelle cerimonie ufficiali iniziò a essere accostata ai vessilli neri fascisti, perdendo il ruolo di protagonista assoluta.
Bandiera dello stato fascista
La bandiera adottata dalla Repubblica Italiana
Con la nascita della Repubblica Italiana grazie al decreto del presidente del consiglio dei Ministri n°1 del 19 giugno 1946, la bandiera italiana venne cambiata; rispetto al vessillo monarchico fu eliminato lo stemma dei Savoia.
Attuale Bandiera italiana
“La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.”
Art.12 della Costituzione
L'articolo venne approvato dall'Assemblea Costituente senza discussioni o polemiche di sorta. I membri dell'Assemblea Costituente vennero colti da profonda emozione quando approvarono questo articolo: in segno giubilo e di rispetto, poco dopo l'approvazione, si alzarono in piedi e applaudirono lungamente. Il tricolore venne poi consegnato ufficialmente e solennemente ai corpi militari italiani il giorno dell’unità nazionale e delle forze armate.
Qui possiamo vedere parte del discorso che Giosuè Carducci tenne a Reggio Emilia il 7 gennaio 1897 nel centenario della nascita della bandiera Tricolore. Non vi troveremo spunti aggressivi, ma solo un profondo slancio ideale, morale, umano. E i tre colori, bianco, rosso e verde, rappresentano appunto l’emancipazione e la volontà di progresso di una nazione generosa ma divisa, dinamica ma umiliata da secoli di sottomissione e appiattimento alla volontà altrui.
“Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all’Etna; le nevi delle alpi, l’aprile delle valli, le fiamme dei vulcani. E subito quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria sta e sì augusta; il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de’ poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi.”
Giosuè Carducci
Spero che la storia della nostra bandiera italiana sia stata di vostro gusto e di avervi fatto interessare un po’ di più alla storia del mio paese, che è stata così lunga, complicata e piena di contrasti, che abbiamo in parte risolto con l’unità trovata sotto questi tre colori. Se avete piacere fatemi sapere la vostra opinione con un commento.
Un saluto a tutti,
Sergio
mercoledì 14 dicembre 2022
Santa Lucia
Tutti i bambini bresciani quando inizia dicembre aspettano con ansia una data importante. Natale il 25 dicembre? Anche, ma quella che piú li emoziona é indubbiamente il 13 dicembre, il giorno di Santa Lucia.
Lucia era una ragazza, nata e vissuta a Siracusa, Sicilia, sotto l'imperatore Diocleziano. Veniva da una famiglia benestante, ma a seguito della miracolosa guarigione della madre decise di donare tutti i suoi averi e rinunciare alla sua ereditá. Il suo promesso sposo, un pagano, denunció Lucia per il suo essere cristiana, e una volta catturata fu sentenziata morendo cosí da martire.
A seguito di diverse vicessituni, Lucia divenne, insieme a San Marco, la santa patrona della Repubblica di Venezia, la Serenissima. Nonostante ora Brescia faccia parte della regione Lombardia, é stata per lungo tempo proprio sotto la Serenissima; per questa ragione ancora oggi sono presenti molte influenze venete in diversi settori: linguistico, architettonico, culinario e, chiaramente, nelle tradizioni.
Ma perché Santa Lucia é cosí amata dai bambini bresciani? La notte tra il 12 e il 13 dicembre (giorno di Santa Lucia), é una notte magica: la Santa passa di casa in casa e con l'aiuto del suo asinello porta regali e dolci a tutti i bimbi buoni, ma attenzione se si é cattivi, perché si rischia di ricevere del carbone e se lei trova qualcuno sveglio durante il suo giro gli tira la cenere negli occhi.
Insomma, quella di Santa Lucia é una festa molto sentita tanto dai piccini quanto dai grandi, che riempie di gioia e unisce le famiglie. Chi porta i regali in Spagna e a Valencia? In che giorno? Come vi sentivate da bambini? e ora da piú grandi?
Silvia
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