giovedì 30 marzo 2023

SPETTACCOLO SULLA GESTUALITÀ ITALIANA

Spettacolo sulla gestualità italiana

 (tempo di lettura 2 minuti)

Il giorno 13 Marzo 2023 abbiamo partecipato allo spettacolo sulla gestualità italiana, presentato da Simone Negrin presso la sala d'Actes IES Faitanar.

Non è stato solo uno spettacolo didattico ma è stato divertente e coinvolgente. Infatti, nonostante non ci fosse una particolare sceneggiatura, Negrin con la sua bravura ed esperienza è riuscuto a catturare l'attenzione del pubblico. 

Durante la serata, Negrin ci ha spiegato le teorie sulla nascita dei gesti:

  • la prima teoria  fa riferimento alla grande vastità di dialetti nella nostra penisola. Infatti, prima dell'unità linguistica, le comunità parlavano dialetti diversi ed era difficile comunicare; per questo, grazie ai gesti riuscivano a farsi comprendere più facilmente.
  • la seconda teoria  ipotizza che grazie alle famose "maschere" della commedia dell'Arte, espressione teatrale nata in Italia nel XIV secolo che valorizza la mimica e i gesti dell'arte comica, i gesti utilizzati sul palco siano poi stati integrati nel nostro parlato quotidiano. Gli spettacoli erano semplici comprensibili a tutti i cittadini.

Arlecchino

 Era molto arzillo, dinamico, intelligente da lui provengono i gesti della furbizia e della follia.




 Pantalone 

Mercante veneziano vecchio e taccagno, la sua postura era curva e nonostante la sua età stava sempre attento all'economia. Da lui provengono  i gesti dei soldi, degli affari e del rubare.




Negrin, inoltre, ci ha raccontato che dopo una serie di ricerche è riuscito ad identificare 100 gesti della cultura Italiana, che ha anche illustrato. Tra i gesti famosi, ha spiegato e chiarito l'unico significato della "MANO A CARCIOFO" ovvero quello della DOMANDA.



 Infine, ha concluso con il gesto "SUPER ITALIANO" che si fa con un movimento circolare dell'avambraccio e la mano aperta, dall'alto verso il basso, e a seconda del ritmo, della postura o del suono che lo accompagna, può avere cinque significati diversi:

  • esprimere abbondanza, bontà (spesso in senso ironico)
  • "che esagerazione!" 
  • "complimenti! bravo!"  (in senso ironco o polemico)
  • accettare senza convinzione ("e va bene") 
  • "ma che dici/Ma vai a quel paese!"


Bene, dopo un intero spettacolo dedicato ai gesti italiani abbiamo capito che in Italia per rendere credibile ciò che diciamo è necessario accompagnare le parole con il linguaggio del corpo. 

E voi, quanti ne conoscevate?



lunedì 27 marzo 2023

IL CIBO ITALIANO (parte 2)

IL CIBO ITALIANO

Adesso continueremo a parlare dei piatti tipici di ogni regione italiana.

OLIVE ASCOLANE → Marche

Esse sono ripiene di carne e poi fritte. 

Questo piatto risale all’Ottocento, quando i cuochi delle famiglie nobili hanno inventato questo ripieno per consumare le notevoli quantità di carne che avevano a loro disposizione.

CARBONARA → Lazio

Uova e guanciale sono gli ingredienti per eccellenza, assieme a formaggio pecorino e pepe. 

ARROSTICINI → Abruzzo

Gli arrosticini abruzzesi sono un secondo a base di carne di pecora. La carne viene tagliata in piccoli pezzi e poi cotta arrosto, per questo si chiamano “arrosticini”. 

La tradizione vuole che questo piatto sia stato inventato negli anni ’30 del 1900. Due pastori avevano una pecora vecchia, dunque la sua carne era un po’ dura e difficile da mangiare; per questo hanno deciso di tagliarla in piccoli pezzi, affinché fosse più facile da mangiare.

COMPOSTA MOLISANA → Molise 

È un piatto fresco, colorato ed estivo. È fondamentalmente una specie di insalata, con pomodori, peperoni, cetrioli, capperi e uova sode. Essa si completa con i tipici taralli molisani chiamati “vescottera” (il termine significa “cotti due volte”, infatti essi vengono prima lessati e poi infornati).

PIZZA → Campania

La pizza originale è caratterizzata dai tre colori della bandiera italiana: rosso del pomodoro, bianco della mozzarella e verde del basilico: si chiama Margherita. In ogni caso, esistono vari tipi di pizza, ognuna con ingredienti differenti e molto buoni.

ORECCHIETTE E RAPE → Puglia

Si tratta di un piatto che associa bontà, semplicità e leggerezza: le rape, un tipo di verdura, vengono abbinate con una pasta fatta a mano che ricorda un po’ delle piccole orecchie, da qui il nome “orecchiette”.

Nel 1500, quella di preparare le “recchjtedd” (termine del dialetto pugliese che indica proprio le orecchiette) era considerata una dote matrimoniale per le ragazze.


LAGANE E CECI → Basilicata

Si tratta di una ricetta antica, tramandata di generazione in generazione. Le lagane sono un tipo di pasta fresca come delle tagliatelle ma molto più larghe, di circa 2/3 cm. Unite ai ceci e alla passata di pomodoro, sono perfette soprattutto per una fredda serata invernale.

FILEI ALLA ‘NDUJA → Calabria

Questa tipica pasta calabrese è unita alla ‘nduja, che è un salame piccante molto particolare perché si può spalmare.

ARANCINI → Sicilia

Sono palle di riso con ragù, piselli e formaggio che vengono impanate e poi fritte. 

A proposito di questo piatto c’è una disputa antichissima: arancino o arancina? Maschile o femminile? La risposta dipende dalla città e dalla forma: nella zona di Palermo si chiamano arancine (quindi femminile) e hanno la forma di una palla, che ricorda un’arancia. Nella zona di Catania, però, cosi come anche nei dizionari di italiano, si chiamano arancini (quindi maschile) e hanno più la forma di una goccia.

PANE FRATTAU → Sardegna

In questo piatto molto particolare le fette croccanti del pane Carasau (pane tipico sardo) sono alternate con strati di sugo di pomodoro e formaggio pecorino. Alla fine si mette un uovo cotto in brodo di pecora.

E voi avete mai provato questi piatti? Se no, c'è qualcuno di questi piatti che vi attira?

Swami



IL CIBO ITALIANO (parte 1)

IL CIBO ITALIANO

Oggi parleremo dei piatti tipici di ogni regione italiana.

POLENTA CONCIA → Valle d’Aosta

Questo piatto nasce dall’unione di due prodotti tipici di quelle zone: polenta e fontina. La polenta, unita alla fontina (un tipo di formaggio), diventa perfetta per scaldarsi nelle lunghe e frette notti alpine.

TROFIE CON PESTO ALLA GENOVESE → Liguria

La Liguria, e Genova in particolare, è molto famosa per la preparazione di pesto, una salsina realizzata con basilico, pinoli, olio e aglio. Questo è da provare con le trofie, una pasta fresca tipica di queste zone che è arrotolata e per questo ricorda un po’ un cavatappi. Alcuni considerano le trofie la versione “povera” degli gnocchi, perché fatte solo con acqua e farina.

RISOTTO ALLA MILANESE → Lombardia

Questo piatto ha un caratteristico colore dorato, dato dallo zafferano, che dà un po’ l’idea di ricchezza. La ricetta risale al ‘500, quando l’assistente di un pittore, che amava particolarmente il colore dello zafferano, al matrimonio della figlia del suo capo si mise d’accordo con il cuoco per aggiungere dello zafferano al risotto con burro che sarebbe stato servito al banchetto. 

BAGNA CAUDA → Piemonte

Si tratta di un condimento fatto di aglio, olio e acciughe che accompagna verdure sia cotte che crude. Questo piatto tradizionale del Piemonte risale al Medioevo, quando nei periodi di freddo e carestia, i contadini preparavano questo piatto povero per trovare un po’ di sollievo dalla fame e dal freddo.

CANEDERLI → Trentino – Alto Adige

I canederli prendono il nome dal tedesco, dalla Baviera in particolare, dove si chiamano Knödel. Sono delle piccole palline fatte con pane impastato con ingredienti diversi da zona a zona, ma di solito speck, formaggio, latte e erba cipollina.

RISI E BISI → Veneto

A metà tra un risotto e una minestra, era un piatto tradizionale della Serenissima Repubblica di Venezia, che veniva preparato e offerto al Doge in occasione della festa di San Marco, il 25 aprile. Gli ingredienti principali sono il riso (“risi”) e i piselli (“bisi”).

FRICO → Friuli Venezia Giulia

Il frico è una specie di frittata a base di formaggio, patate e burro. Era il piatto tipico di boscaioli e contadini, i quali lo portavano con sé quando andavano a lavorare nei campi. Un piatto, quindi, povero e centrato sul risparmio.

TORTELLINI → Emilia Romagna

I tortellini sono una pasta ripiena con prosciutto, funghi o carne e sono perfetti con il brodo o il ragù. 

Il pechè di questa forma viene spiegata da una leggenda: nel 1200 arriva in una locanda una donna giovane e molto bella. Il proprietario della locanda accompagna la donna nella sua camera e, profondamente attratto dalla sua bellezza, rimane a spiarla dalla serratura della porta. A colpirlo particolarmente sarà l’ombelico della donna. Così al momento di preparare la cena, l’uomo ricorda quella meravigliosa immagine e tira la sfoglia proprio in modo da ricreare quell’ombelico. Decide poi di riempire la sfoglia di carne.

PANZANELLA → Toscana

La panzanella è un piatto estivo che non ha bisogno di cottura. Si tratta di pane raffermo, ossia pane risalente a 2 o 3 giorni prima, dunque non più croccante, ammorbidito con acqua a cui si aggiungono i gusti e i colori di cipolla rossa, basilico, olio d’oliva e aceto.

SALSICCIA DI NORCIA → Umbria 

Continua nella parte 2.

Swami

martedì 21 marzo 2023

Treccani inclusivo, ne siamo sicuri?

Il dizionario Dell'italiano Treccani é indubbiamente uno se non il piú conosciuto e consultato in Italia, ma la sua edizione del 2022 ha fatto parlare di sé piú del solito.

In questa edizione é stata apportata una novitá mai vista prima: col fine di combattere il maschiocentrismo tipico di tutti i dizionari, la Treccani ha deciso di includere il femminile tra i lemmi (le cosiddette "parole in grassetto") continuando a rispettare l'ordine alfabetico, facendo sí che un nome quale bambina accompagni ma preceda bambino, ma lasciando attore prima di attrice.

Chiaramente una scelta del genere ha sollevato pareri contrastanti. Da un lato si ha la gioia di persone che vedono in questa scelta un piccolo ma necesario passo verso una maggiore paritá di genere, perché mettendo in risalto e legittimando un termine si sta facendo lo stesso con il concetto da questo espresso. Dall'altro ci sono dei linguisti che sostengono che la scelta di mettere il lemma declinato al maschile singolare non abbia nulla a che vedere con il maschilismo, bensí risponde alla necessitá di avere delle regole che rendano la consultazione piú comoda, cosí come succede con i verbi che pur avendo numerose declinazioni vengono sempre presentati all'infinito.

Personalmente quando sono venuta a conoscenza del fatto ho pensato fosse una buona idea e un piccolo traguardo per l'inclusivitá, fino a che non ho appreso che anche lemmi come notaia, medica e soldata fossero stati inseriti. Nonostante sia ovvio che al giorno d'oggi anche donne ricoprano tali lavori, é pur vero che questi ultimi sono dei termini non usati e che quindi non rispecchiano la lingua reale. Capisco che si potrebbe rispondere che non utilizzando i nomi precedentemente elencati sia piú difficile immaginare donne realizzare professioni del genere, ed é per tale ragione che questi possono sembrare strani, ottenendo cosí un effetto "cane che si morde la coda". 

Alla luce di tutto ció mi viene quindi da concludere che, nonostante nelle nostre societá ci sia comunque un maschilismo radicato che é nessario combattere e la lingua di sicuro é un mezzo potente per farlo, é pur vero che in determinati contesti delle regole siano necessarie. In alternativa si possono  inserire entrambi i lemmi maschili e femminili ma separatamente (purché realmente utilizzati dalla maggioranza dei parlanti). Tale operazione potrebbe essere scomoda pensando ad un dizionario cartaceo, dato che questo raddoppierebbe o quasi il numero di pagine, ma considerando che la maggior parte degli usuari consulta la versione virtuale si potrebbe provare a introdurre la novitá prima online per valutarne il successo e in caso proseguire con la stampa in un secondo momento.

Qual é la vostra opinione al riguardo? Pensate questa scelta sia progressista o confusionaria?


Silvia

Internet: pro e contro

INTERNET: PRO E CONTRO

(tempo di lettura: 2 minuti)


Internet è diventato parte fondamentale della nostra vita, in poche parole possiamo affermare che ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e di comunicare.

L’internet che conosciamo noi oggi, e di cui possiamo usufruire, nasce nel 1991 quando questa realtà da privata diventa pubblica e viene utilizzata soprattutto a fini commerciali, in poco tempo riesce a raggiungere tutto il mondo.

Ma perchè sempre più persone usano internet? Semplice, è diventato parte della nostra quotidianità.

In quanti al mattino si svegliano e la prima cosa che fanno è entrare su WhatsApp, oppure chiedono a siri “che tempo fa?”: tutte queste azioni sono collegate ad internet a alla nostra necessità di avere risposte immediate.

Questa richiesta è la conseguenza della cosiddetta società globalizzata, nata dall’intensificarsi di scambi continui su scala mondiale, scambi di comunicazione, di investimenti di merce, economici, sociali culturali, politici e tecnologici.

Possiamo dunque dire che internet ormai è diventato protagonista indiscusso di questo mondo.

Come abbiamo visto, è impossibile pensare che internet non abbia dei vantaggi: oltre che per essere collegati in un attimo con il resto del mondo è utile per leggere, fare ricerche, vendere, comprare ecc…

Pensiamo anche quanto sia stato utile nel periodo della Pandemia da COVID-19, in cui la didattica è stata stravolta e ha permesso, nonostante tutto, che la nostra vita continuasse.

Purtroppo però internet è un'arma a doppio taglio. Esistono minacce che avvengono senza un intento particolarmente maligno, come il fatto che i nostri dati personali vengono usati a fini commerciali; sfortunatamanete però si presentano insidie molto piu gravi come ad esempio le truffe, lo stalking o il cyberbullismo, quest’ultimo diffuso soprattutto negli adolescenti.

Gli adolescenti di oggi sono nativi digitali e per loro l’utilizzo di Internet rappresenta un’azione normale, perciò  sarebbe inutile privarli  dell’uso di internet. Al contrario,  ritengo che sia necessario  mettere in guardia i ragazzi sui rischi che si corrono mentre si utilizza un mezzo così potente. Oltre al cyberbullismo, in rete girano le challenge che spesso si sono rivelate  pericolose al punto da comportare rischi sulla vita. E se il danno fosse fatto? È fondamentale continuare a sotenerli facendoli capire che la bellezza e la popolarità non sono le uniche cose che contano al mondo. 

Quest'argomento mi sta particolarmente a cuore  perchè ritengo che gli adolescenti siano una categoria fragile e da tutelare, ed è compito dei piu grandi aiutarli a discernere cosa sia giusto o sbagliato.

Infine, è importante usare internet coscienziosamente affinchè nessun utente, grande o piccolo, si imbatta in situaziani sgradevoli e pericolose. 

Ma ora una domanda a voi: riuscireste a  fare a meno di Internet?


Ana




lunedì 20 marzo 2023

LA CAVALCATA

LA CAVALCATA

È un'antica manifestazione culturale e folkloristica che si svolge a Sassari, solitamente la penultima domenica di maggio, che consiste nella sfilata a piedi, a cavallo o sulle traccas (i caratteristici carri addobbati con fiori e oggetti della quotidianità), di gruppi provenienti da ogni parte della Sardegna. I partecipanti indossano il costume caratteristico del luogo di provenienza, spesso arricchito da elaborati ricami e gioielli in filigrana.


La manifestazione prosegue in pomeriggio nell'ippodromo cittadino dove cavalli e cavalieri si esibiscono in ardite pariglie e figure acrobatiche, per terminare in serata nella Piazza d'Italia con i canti e i balli tradizionali sardi, sulle note di launeddas e fisarmoniche, che si protraggono per buona parte della notte.

                                        

La prima edizione della Cavalcata risale al 1711, quando il Consiglio comunale di Sassari, sul finire della dominazione spagnola, deliberò di "far cavalcata" in omaggio al re Filippo V di Spagna. Alla manifestazione partecipò tutta la nobiltà sassarese, orgogliosa di mettere in mostra i propri costumi.

La manifestazione che possiamo ammirare oggi nasce invece il 20 aprile 1899, quando venne organizzata una sfilata di costumi sardi in onore di Umberto I di Savoia e della regina Margherita, giunti in città per l'inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II che Giuseppe Sartorio aveva innalzato in Piazza d'Italia. Di fatto fu un tributo al Re d'Italia da parte di tutto il popolo sardo, cosa non condivisa da tutti, essendo Sassari una delle prime roccaforti anti-monarchiche d'Italia. Tale manifestazione sarà poi ripetuta svariate volte in occasione delle visite dei reali a Sassari, come nel 1929, quando in città giunsero Vittorio Emanuele III e la regina Elena, e nel 1939, in occasione della visita del principe ereditario Umberto II di Savoia e della consorte Maria Josè.

Nel 1951, a guerra ormai conclusa, il sindaco di Sassari di quel tempo, fece rinascere la manifestazione, che da allora è diventato un appuntamento annuale della città.  Per l'occasione, alla sfilata, si aggiungono numerosi venditori di prodotti tipici e si svolge uno spettacolo di pariglie che si tiene nell'ippodromo comunale. Nel 1982 se ne organizzarono addirittura due, una delle quali in onore di Sandro Pertini, l'allora Presidente della Repubblica italiana.

Negli anni 2020 e 2021, a causa della pandemia di COVID-19, la manifestazione non si è svolta. La Cavalcata si è invece potuta svolgere nel 2022, ma per motivi organizzativi, invece della normale collocazione alla penultima domenica di maggio, è stata spostata alla prima domenica di settembre.

                             

                               

La Cavalcata è una delle tre principali feste della Sardegna in cui si riuniscono i gruppi folkloristici di tutta l'isola con la differenza, rispetto alle altre due - la Sagra del Redentore a Nuoro e la Festa di sant'Efisio a Cagliari, è l'unica ad avere un carattere laico.

                                   

Swami

mercoledì 15 marzo 2023

I NURAGHI

I NURAGHI

3500 anni fa, in Italia, sono state costruite circa 10 mila torri di pietra. Delle mega torri che, in alcuni, casi erano alte addirittura 30 metri. Preparati per un viaggio indietro nel tempo, alla scoperta dei nuraghi (o nuraghe): le “piramidi” della Sardegna.

A COSA SERVIVANO I NURAGHI?

I nuraghi venivano costruiti lungo il litorale dell'isola, in prossimità di approdi e foci di fiumi e torrenti: le vie naturali verso l'interno del paese. Ma anche sulla cima dei colli, a difesa dei pascoli. Insomma, in posizioni strategiche per il controllo del territorio. Erano infatti come delle “fattorie fortificate” che, oltre a sorvegliare il territorio, servivano come depositi per accatastare le risorse alimentari: cereali in particolare.

Ancora oggi in Sardegna se ne possono ammirare alcuni, come il nuraghe Nuraxi di Barumini, Patrimonio dell’Umanità riconosciuto e tutelato dall'Unesco.

COM'ERANO FATTI I NURAGHI?

Oltre alle imponenti torri di pietra, vi era tutto un mondo che sorgeva intorno a queste costruzioni. Attorno ai nuraghi sorgevano infatti i villaggi di capanne circolari, in pietra, e tetto di legno, col pavimento e le pareti isolate con argilla e sughero.

Una capanna speciale era la "capanna delle assemblee" dove si svolgevano le riunioni degli anziani. Era un grande edificio circolare al cui interno ci si sedeva su un sedile che correva lungo tutto il perimetro: lì venivano prese le decisioni per la comunità.

Alcuni villaggi erano anche dotati di palestre dove i più giovani sfoggiavano le loro doti atletiche in prove di corsa, pugilato, lotta e lanci di attrezzi vari.

IL NURAGHE NURAXI (BARUMINI)

È un insediamento umano risalente all'età nuragica che si trova in Sardegna, in territorio di Barumini. Cresciuto intorno a un nuraghe quadrilobato, cioè con un bastione di quattro torri angolari più una centrale, risalente al XVI-XIV secolo a.C., l'insediamento si è sviluppato tra il XIII e il VI secolo a.C. È uno dei villaggi nuragici più grandi della Sardegna.

La struttura più antica del nuraghe è costituita da una torre centrale a tre camere sovrapposte, edificata tra il secolo XVII a.C. e il XIII a.C., in blocchi di basalto. In seguito, nel periodo del Bronzo tardo, vennero edificate attorno alla torre centrale quattro torri unite tra loro da una cortina muraria con un ballatoio superiore (andato perduto), comunicanti tutte su un cortile interno servito da un pozzo. In tempi più tardi, nell'Età del ferro, il complesso venne attorniato da un'ulteriore cortina muraria pentalobata.

La differenza delle costruzioni indica che vi fosse una qualche gerarchia sociale. Le pareti erano in blocchi di pietra sovrapposti e non da un unico monolite. Le porte e le finestre erano per la prima volta utilizzabili, e le loro spalle leggermente inclinate in modo da ridurre l'entrata di luce e diminuire il rischio di rottura dell'architrave. Questi ultimi erano più spessi al centro e meno ai lati, a dimostrazione del fatto di aver capito che gli architravi si rompono al centro.


Swami



giovedì 9 marzo 2023

I 100 gesti della lingua Italiana

 

I 100 gesti della lingua Italiana

presentato da Simone Negrin



Siete tutti invitati allo spettacolo sulla gestualità italiana

che si terrà Lunedì 13 marzo alle ore 18:30 presso la Sala d’Actes IES Faitanar

organizzato dal Departament d'italià de l'EOI Quart de Poblet


Gli argomenti saranno:

La comunicazione non verbale – Le origini della gestualità italiana – La commedia dell’arte

- 100 gesti attualmente in uso in Italia


VI ASPETTIAMO!!!

                                                                                                                                       

Ana 



La mimosa per la Festa della Donna l’8 marzo

La mimosa è il simbolo della Festa della donna, il fiore vivace e profumato che si regala l'8 marzo. 

Questa ricorrenza è stata istituita per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche raggiunte dal sesso femminile, per ribadire la lotta contro ogni discriminazione e ogni forma di violenza di genere. 

Ma perché proprio il rametto di mimosa è stato associato alla Giornata Internazionale dei diritti delle donne? 

Perchè si rifà alle origini della festa della donna che vengono tradizionalmente legate all'incendio di una fabbrica di camicie avvenuto nel 1908 a New York, durante il quale persero la vita oltre un centinaio di operaie. Leggenda narra che accanto alla fabbrica andata in fiamme ci fosse proprio un albero di mimose. Ecco perché la pianta sarebbe stata poi scelta come simbolo ufficiale della festa dedicata alle donne.

In più la mimosa è un "fiore" facile da reperire e che costa poco.


Anche in Spagna per il giorno della festa delle donne fanno riferimento all'incendio di cui abbiamo appena parlato, solo che come simbolo, invece delle mimose, usano il colore viola. 

Perchè il colore viola?  

Perchè si dice che il fumo sprigionato dall'edificio, visibile da quasi tutta la città, fosse viola a causa dei tessuti utilizzati dalla fabbrica di camicie.


Perchè il viola non viene usato anche in Italia?

Perchè è il colore dei paramenti sacri usati durante la Quaresima. Nel medioevo venivano vietati, proprio in quel periodo, tutti i tipi di rappresentazioni teatrali e di spettacoli pubblici che si tenevano per le vie o le piazze delle città. Ciò comportava per gli attori e per tutti coloro che vivevano di solo teatro notevoli disagi. Non potendo lavorare, le compagnie teatrali non avevano neanche i mezzi per procurarsi il pane quotidiano, ed erano costrette a tirare la cinghia.
Questo è il motivo per cui il colore viola è odiato da tutti gli artisti, in generale, ma è vietato soprattutto in teatro dove con il passare dei secoli è diventato vera e propria superstizione.

Swami

mercoledì 8 marzo 2023

LA SARTIGLIA

 LA SARTIGLIA

Ad Oristano l'ultima domenica e martedì di carnevale si corre, per antica tradizione, la Sartiglia, uno degli ultimi tornei equestri di origine medievale ancora presenti in area mediterranea. La giostra della domenica organizzata dal gremio dei Contadini, mentre il gremio dei Falegnami sovrintende alla corsa del martedì grasso. La corsa vede protagonisti dei cavalieri mascherati che tentano con una spada e con una lancia di legno, detta stocco, di infilzare un anello a forma di stella, sospeso ad un nastro teso di fronte alla Cattedrale di Santa Maria Assunta, lungo la via Vittorio Emanuele.



Le due corse, identiche nelle fasi salienti, si differenziano in alcuni dettagli: la domenica i nastri che stringono le maniche della camicia e mantengono maschera e cilindro del Componidori - il capo corsa che sovrintende all’intera manifestazione - sono rossi, mentre sono rosa e turchini il martedì; la sua maschera lignea color terra la domenica, mentre il martedì di color rosa carne; ancora, la giubba di pelle del capo corsa, detta coiettu, allacciata anteriormente con stringhe di cuoio per il Componidori del gremio dei Contadini, mentre il capo corsa del martedì reca un coiettu legato sul davanti da borchie argentee a forma di cuore; infine, i pantaloni sono color miele la domenica e s'indossano dentro gli stivali da cavallerizzo, invece il martedì arrivano sino al ginocchio e fungono da sovrapantaloni.

Il giorno della Sartiglia un araldo a cavallo accompagnato da alfieri, tamburini e trombettieri, percorre le vie della città e si ferma nelle piazze principali per leggere il bando: l'avviso della corsa che si terrà nel pomeriggio. Il Componidori si dirige verso il luogo della vestizione, accompagnato in corteo dal gremio e da is massaieddas, giovani ragazze in costume sardo che compiranno il rito della vestizione. Il cavaliere - scelto tra i cavalieri oristanesi dal Presidente del gremio per ricoprire l’importante incarico - prende posto su una sedia collocata su un tavolo, sa mesitta, e da quel momento non dovrà più toccare il suolo fino alla sera, quando, terminate le corse, is massaieddas gli toglieranno la maschera. Prima della posa della maschera, is oberaius fanno un ultimo brindisi con l'uomo che sta per diventare Componidori, chiedendo al Santo la protezione per il cavaliere. Is massaieddas posano la misteriosa maschera sul viso: il momento più solenne ed emozionante della gioiosa giornata perché l'uomo smette di esistere e al suo posto appare a tutti un semidio, avente l'onore di condurre i cavalieri alla giostra equestre.



Il corteo composto da 120 cavalieri in maschera riuniti in gruppi di tre, che vestono colorati costumi di foggia sarda e spagnola e montano cavalli bardati con coccarde multicolori. Il Componidori, affiancato dai due compagni di pariglia, su segundu cumponi e su terzu cumponi, guida il corteo verso il teatro tradizionale della giostra.

La corsa si svolge nell'antica città murata, lungo la strada che conduce dalla reggia dei re d'Arborea alla Cattedrale di Santa Maria, fino all'ospedale medievale di Sant'Antonio Abate. Su questa strada apre la corsa il Componidori con il segundu cumponi eseguendo tre incroci di spada sotto la stella appesa ad un nastro verde. Su questa via, spronato il cavallo, il Componidori tenterà d'infilzare la stella con la spada. Successivamente la prova sarà ripetuta da quei cavalieri scelti dal capo corsa per tentare la sorte. Più stelle saranno spiccate dal nastro, migliore sarà l'annata e rigoglioso il raccolto dei campi. Al Capo corsa e ai suoi due aiutanti di campo competerà una seconda prova cercando di cogliere la stella con lo stocco, l’elegante lancia di legno.

Concluse le discese alla stella il capo corsa riceve sa pipia de maiu e, giunto davanti all'antico castello giudicale, a gran galoppo, ripercorre il tragitto riverso all'indietro sul cavallo, benedicendo la folla.


Terminata questa prima fase della manifestazione, il corteo si dirige verso la via Mazzini, il cui tracciato costeggiava anticamente le mura turrite della città, teatro delle spericolate e acrobatiche evoluzioni delle pariglie. Al tramonto, chiusa la festa, il Componidori e i cavalieri, attraverso le vie del borgo, fanno ritorno al luogo della vestizione dove is massaieddas compiono il rito della svestizione, togliendo la maschera al capo corsa e facendolo ritornare “uomo”. Da quel momento iniziano i festeggiamenti in onore dell'eroe del giorno e del suo seguito, con un banchetto che vede la presenza di tutti i partecipanti alla giostra.




I gremi in Sardegna
In Oristano, contadini, sarti, falegnami, carreggiatori, scarpai, muratori, ferrai, vasai, bottai, fabbri e armaioli erano riuniti in corporazioni d'arti e mestieri.
Tali associazioni, chiamate gremi, erano del tutto simili nella struttura e nell'organizzazione alle corporazioni spagnole.

Originariamente menzionati con il nome di maestranza, offici, confraria o germanidad, a partire dal XVII secolo invece attestato il nome gremio, ancora oggi adoperato, che deriva dall'espressione “in gremio”, ovvero il mettersi “in grembo”, sotto la protezione di uno o più Santi patroni. I gremi sardi rispecchiano le caratteristiche sostanziali ed in particolare le formule statutarie mutuate dalle associazioni di mestiere barcellonesi, adeguate alla realtà locale. Le assemblee degli associati si tenevano nella cappella o nell'oratorio della chiesa intitolata al Santo patrono. Lo statuto dettava norme per la costituzione, l'amministrazione, i doveri religiosi, la disciplina professionale, gli esami per i nuovi soci, le controversie di lavoro, le norme per la conservazione dei libri amministrativi e contabili e la cura delle cose necessarie alle cappelle. Ogni associato era vincolato al rispetto di molteplici doveri religiosi, morali e sociali, poiché il principio di mutualità tra i soci era alla base del gremio.

L'associato era obbligato a partecipare a tutte le funzioni liturgiche ufficiali, alla solennità del Santo patrono e ai funerali dei soci. Durante la festa del patrono, il gremio sorteggiava o eleggeva i nuovi amministratori: il maggiorale, che ne era il rappresentante (talora erano due), e i probi uomini, sorta di consiglio particolare del maggiorale.

Grazie ad eredità, donazioni o pagamento di crediti, i gremi entravano in possesso di case e terreni, la cui rendita costituiva un'unità importante sul totale delle entrate di cassa. Inoltre, accrescevano i propri beni immobili con l'acquisto di terreni e la costruzione di edifici.

I maggiorali controllavano tutti gli introiti. Le voci delle uscite cambiavano secondo le diverse attività, mentre erano comuni a tutti i gremi le spese concernenti le feste dei Santi patroni, l'acquisto della cera per le candele e le spese relative ai funerali degli associati. L'attività dei gremi documentata fino alla seconda metà del XIX secolo, quando la legge del 29 maggio 1864 li abolì de iure, obbligandoli alla trasformazione in società di mutuo soccorso. Attualmente queste istituzioni sono ancora operanti nelle sole città di Sassari e Oristano.

I RACCONTI "FRANKESTEIN" della classe di C2

 Carissime e carissimi,

la classe di C2 è orgogliosa di presentarvi i suoi racconti FRANKESTEIN. Tali racconti nascono dall'unione di elementi diversi presi dai libri di lettura che ogni alunno ha scelto di leggere e presentare in classe. 

Poco a poco ve li presenteremo tutti perché possiate avere il piacere di leggerli.

Inizieremo con il racconto LA BAMBOLA, scelto dagli stessi studenti di C2 come vincitore. Facciamo loro i complimenti per un racconto ben costruito e scritto con molta sensibilità: bravissimi!

Ci piacerebbe moltissimo leggere i vostri commenti, dai: non siate timidi!

La Bambola

Qualche volta, gli oggetti prendono vita in mezzo all’orrore e ci portano a una scoperta inaspettata.  Questo accadde all’avvocato Guido Guerrieri, prigioniero in un lager di Auschwitz.  Mentre trasportava una traversina di ghisa, vide una bambola di stoffa nella tasca di un altro deportato.  Gli stessi occhi, gli stessi capelli rossi, come quella che vide per l’ultima volta tra le braccia di sua figlia. 

In preda all’ansia incontrollabile, l’avvocato reagì subito. In un batter d’occhio si buttò addosso al compagno e gli prese con forza la bambola.   A squarciagola gli chiese dove l’aveva trovata.  Tremando, questo prigioniero gli rispose che l’aveva riscattata tra gli effetti personali dei condannati che erano per terra nella camera a gas.

Il chiasso di questa rissa allertò il capo nazista che era lì vicino.  D´un tratto tirò fuori la pistola e, senza esitare, sparò a entrambi.

Prima di morire e con la bambola tra le braccia, Guido riuscì a vedere sua figlia e a sentire la sua voce.

-          Papà, sono morta, ma sto bene. 

Il racconto è basato sui romanzi:               

La Figlia Oscura di Elena Ferrante presentato da María José Ferris

La misura del tempo di Gianrico Carofiglio presentato da Liliana González

Se questo è un uomo  di Primo Levi presentato da Manel Llàcer


SAPETE COME CUCINARE LA VERA CARBONARA? La ricetta facile e veloce da leccarsi i baffi!

  Carbonara , ricetta perfetta per preparare la  Pasta alla Carbonara   come la servono a  Roma ,  ricca e cremosa ! Per preparare   la ver...