Carissimi,
abbiamo iniziato ad ospitare sul nostro blog i contributi di alcune studentesse del livello C2. Abbiamo già letto letto l'interessantissimo articolo di Mar Bayo sull'uso dell'inglese nella lingua italiana e ora vi proponiamo un testo di Julia López Barrio che ci porta con sé in un mondo tra il sogno e la realtà.
Se volete scrivere sul nostro blog, fatelo sapere alle vostre insegnanti e vi ospiteremo volentieri.
Ed ora, gustatevi questo bel racconto!
Gio
Mio caro alluce
Ho fatto un sogno molto strano. Mi stavo depilando le gambe, fatto già
strano in sé; non ho peli. Ero in bagno, c’era tanta luce, le piastrelle erano
bianche con un piccolo friso blu e una grande finestra. Vedevo una mia gamba,
la destra, avevo in mano un rasoio che scivolava su e giú su di essa. Ad un
certo punto il rasoio è diventato elettrico, ma lo gestivo abilmente, anche se
a poco a poco la velocità aumentava. Quando sono arrivata alla caviglia, non so
cosa ho fatto, un attimo buio e col rasoio mi son tagliata il pollicione. Mi
sono spaventata, lo vedevo per terra, staccato da me, non c’era sangue, l’unico
rosso era quello dello smalto sull'unghia, il rasoio ancora mi tremava in mano,
come mi tremavano i pensieri. Ce n’erano
tanti; avrei camminato con garbo? O sarei diventata mezzo zoppa? Mai più
sandali? Allora, in un atto di maturità e consapevolezza, mi sono venute in
mente le raccomandazioni mediche, che tante volte avevo sentito in tv, quando
un membro subisce un trauma del genere: 1- prendere una busta di
plastica e riempirla di ghiaccio
2- mettere questa busta ben
chiusa, in un’altra
3- mettere il membro in
quest’ultima, in modo che sia fresco e
non tocchi direttamente il
ghiaccio
4- avvolgere in un telo pulito il segmento corporeo amputato
5- correre in ospedale
Ma ero cosí impaurita che non riuscivo a muovermi, dovevo fare in fretta,
altrimenti il membro si sarebbe necrosato e non si sarebbe potuto rimpiantare.
Questo pensiero e la visione del mio dito per terra mi innervosiva ancora di
più, ero bloccata dallo spavento, dalla paura, dalla mia trascuratezza,
pasticciona, cosa ho combinato...!?
Ero seduta per terra, a
pensare, cercavo di organizzare la ricerca di tutto quello che mi serviva:
bustine, ghiaccio, una garza per avvolgere il ditone... all'improvviso mi è
venuto in mente la mia facoltà di manipolare i sogni, lo faccio sin da piccola.
Quando in
sogno sto per fare una cazzata, piacevole si intende, ma che non dovrei fare
perché le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, mi dico; Cara stai
sognando, fai pure, allora felicemente vado avanti, senza sensi di colpa. Lo
stesso quando il sogno è un incubo, una vocina mi dice; non aver paura, quest’orrore
non é vero, stai sognando. E anche se di
solito non mi sveglio, mi sento subito sollevata, serena. Non fa nulla, è un
sogno. Purtroppo
questa volta la vocina, mi ha tradita, non si è fatta sentire, era tutto vero.
Non sarei arrivata in tempo
all’ospedale, non trovavo nulla, dove sono le bustine di plastica, il ghiaccio,
le garze? Guardo
il mio dito, guardo il mio piede mutilato, non c’è sangue, è tutto pulito, nitido. È ancora rosa e l’amputazione è stata netta, sono in
tempo mi dico, ma devo correre o tra po’ la necrosi lo farà diventare nero e
per cuando il chirurgo del reparto sia bravo, non potrà fare nulla. Lo butteranno nei rifiuti
speciali o gli arti amputati vengono smaltiti dall'ospedale o sono a
disposizione del paziente per la sepoltura o la cremazione dell'arto?
Quest’ultima possibilità mi pare troppo esagerata per un dito, anche se il dito
è il mio, se fosse stata tutta la gamba, ci avrei pensato, ma un dito? Che lo buttino nella spazzatura.
Oddio, pensieri e pensieri,
ma mettiti in moto, ce la farai, certo se corri....
Al risveglio ho avuto paura di toccarmi un piede con l’altro piede, ho
avuto paura di aprire gli occhi e trovarmi in ospedale, dopo qualche secondo ho
capito che ero nel mio letto, era stato un sogno. Mi sono stiracchiata lentamente, ho allargato le dita
dei piedi, li ho mossi ripetutamente, c’erano tutti. Dopo, ho ricostruito il
sogno per non scordarlo.
I sogni ci dicono cose, ma non cose esoteriche di altre dimensioni, ci
dicono cose di noi stessi, i sogni siamo noi, parlando a noi, perciò spaventano
o almeno aspaventano me. Veramente mi
dicono delle cose bizzarre. Secondo me, lo so che non sono proprio Freud, ma direi
che l’alluce eri tu, amore mio, infatti, è il dito più grande e più grosso, se
avessi sognato l’amputazione del mignolino, cosí piccolino, insignificante e
riservato com’è, non avrei mai capito cosa significasse il sogno.
Julia López Barrio 1C2