Su questo blog abbiamo parlato spesso di Roberto Saviano (clicca qui per i nostri post precedenti), il giovane autore di "Gomorra", il libro che, se da una parte lo ha reso famoso, dall'altra lo ha obbligato a vivere sotto scorta per le minacce della Camorra.
E proprio dei giorni scorsi, è la scoperta che la Camorra aveva intenzione di uccidere lo scrittore e la sua scorta in un attentato prima del prossimo Natale.
A questo punto, Saviano ha detto: "Basta". Non ce la fa più a vivere sotto scorta, senza libertà e in definitiva come se fosse lui il criminale e non una delle poche voci che invece sono riuscite a squarciare il muro di omertà che ricopre le attività della Camorra.
Le sue parole hanno scosso gli italiani e li hanno obbligati a prendere coscienza della situazione paradossale e ormai al limite, nella quale è costretto a vivere Saviano, il quale se nelle ultime ore ha ricevuto la solidarietà di Salman Rushdie e la proposta della cittadinanza onoraria di Roma, vede anche come una parte della sua cittadina (Casal di Principe) dice: "Si doveva fare i fatti suoi"
ANDRO' via dall'Italia, almeno per un periodo e poi si vedrà..., Penso di aver diritto a una pausa. Ho pensato, in questo tempo, che cedere alla tentazione di indietreggiare non fosse una gran buona idea, non fosse soprattutto intelligente. Ho creduto che fosse assai stupido - oltre che indecente - rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente, gente che disprezzi per quel che pensa, per come agisce, per come vive, per quel che è nella più intima delle fibre ma, in questo momento, non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo. 'Fanculo il successo. Voglio una vita, ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni! E voglio ancora scrivere, scrivere, scrivere perché è quella la mia passione e la mia resistenza e io, per scrivere, ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne l'odore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica, dentro una caserma dei carabinieri - oggi qui, domani lontano duecento chilometri - spostato come un pacco senza sapere che cosa è successo o può succedere. In uno stato di smarrimento e precarietà perenni che mi impedisce di pensare, di riflettere, di concentrarmi, quale che sia la cosa da fare. A volte mi sorprendo a pensare queste parole: rivoglio indietro la mia vita. Me le ripeto una a una, silenziosamente, tra me.
Oggi, se mi guardo alle spalle, vedo macerie e un tempo irrimediabilmente perduto che non posso più afferrare ma ricostruire soltanto se non vivrò più, come faccio ora, come un latitante in fuga. In cattività, guardato a vista dai carabinieri, rinchiuso in una cella, deve vivere Sandokan, Francesco Schiavone, il boss dei Casalesi. Se lo è meritato per la violenza, i veleni e la morte con cui ha innaffiato la Campania, ma qual è il mio delitto? Perché io devo vivere come un recluso, un lebbroso, nascosto alla vita, al mondo, agli uomini? Qual è la mia malattia, la mia infezione? Qual è la mia colpa? Ho voluto soltanto raccontare una storia, la storia della mia gente, della mia terra, le storie della sua umiliazione. Ero soddisfatto per averlo fatto e pensavo di aver meritato quella piccola felicità che ti regala la virtù sociale di essere approvato dai tuoi simili, dalla tua gente. Sono stato un ingenuo.
Nemmeno una casa, vogliono affittarmi a Napoli.
Nei video seguenti un documentario della trasmissione Matrix su Casal di Principe e il brano rap "Cappotto di legno" sulle minacce ricevute già tempo fa da Saviano.
Cosa ne pensate? Credete che Saviano se ne debba andare dall'Italia?
Diversi premi Nobel (Dario Fo, Günter Grass, Orhan Pamuk, Gorbaciov, Desmond Tutu e Rita Levi Montalcini) hanno lanciato un appello e una raccolta di firme per chiedere allo stato italiano la protezione e la sicurezza di Saviano. Potete firmare anche voi l'appello cliccando qui.
(foto e lettera di Saviano dal web)
4 commenti:
Deve essere stata una decisione molto dura da prendere e una volta giunta non credo si senta sollevato né contento di averla presa. Ovviamente non credo che se ne deba andare dall'Italia. Le cose dovrebbero andare in un modo ben diverso, ma purtroppo non pare che a corto termine possano cambiare, dunque seccondo me resta solo a lui la decisione se ce la fa a vivere ancora per più tempo in quella situazione o no. Se alla fine veramente se ne va sarà una brutta notizia, perché l'Italia ha proprio bisogno di persone come lui. Purtroppo sono pochissimi quelli che hanno il coraggio di parlare... e non deve essere mica facile, perché si rischia la propria vita e quella dei propri parenti mentre si vede come viene incarcerato uno e ne rimangono fuori altri 10 e come la fine di molti ragazzi, come quelli del video di commenti che fanno inorridire, non sarà altra che la camorra, se non è che fanno già parte.
È una situazione scoraggiante, però magari Saviano ci ripensasse e trovasse almeno una cosa che lo motivi a rimanere in Italia.
Non credo che Saviano se ne deba andare dall'Italia, ma la situazione che sta soffrendo ogni giorno non deve essere facile: non potere uscire da solo, non potere fare quello che vuoi perché forse c'è qualcuno dietro te presto a ammazzarti.. Chi è capace di vivere cosí?
Ho letto il libro qualche tempo fa e devo dire che quello che si racconta fa paura: come si uccide facilmente, come innocenti vengono uccisi senza colpa, come i giovani sono catturati per il Sistema e cominciano a lavorare per loro... il Sistema ha il potere economico, politico e sociale e chi no l'accetta va fuori.
Non capisco come i giovani del video parlano cosí di Saviano, ed io, personalmente, non credo che il suo scopo sia stato arricchirsi e farsi popolare...ma tutto il contrario: denunziare la situazione della reggione campania, del suo paese dov'è nato e cresciuto.
Per Saviano decisamente tira un'aria pesante: giusto per rincarare la dose, ci si mette anche il Ministro degli Interni (anche se poi ha smentito):
http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/cronaca/camorra-3/maroni-saviano/maroni-saviano.html
sì, ieri proprio dopo aver scritto qui ho letto quell'articolo su Repubblica. Non mi sembrano tanto giuste quelle parole del Ministro, neanche dopo la smentita. Cioè, è chiaro che la lotta contro la criminalità organizzata la fanno poliziotti, carabinieri, magistrati, ecc... è il loro lavoro; certamente un lavoro molto duro e che molte volte si fa in silenzio.
Saviano invece è un giovane che ha avuto il coraggio di parlare e un'altra cosa importante è che ha fatto ripensare e riparlare dell'argomento anche a tanta gente. Secondo me è la camorra a dover sentirsi nel mirino di tutti, minaciata da tutti e per questo se ne deve parlare e non rimanere in silenzio. Saviano, da quando è uscito il suo libro, è stato un chiaro simbolo di questa parte della lotta.
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