martedì 31 marzo 2009

GLI SPAGNOLI E LE MAIL

Quante volte l'abbiamo fatto?
La Sindrome di Diogene, cammuffata dall'immutabile alibi del “non si sa mai, può sempre servire”, si è infilata nel computer. Trasformandolo, spesso, in una gigantesca discarica virtuale. Non sono oggetti, ma milioni di email ad accumularsi nella memoria in vista di un’improbabile utilità successiva. E a soffrire di questa mania da archivisti, tanto compulsivi quanto disordinati, è una quota sempre più importante di internauti. L’allarme viene dalla Spagna e, in particolare, dal quotidiano "El Pais", che ha consultato esperti di informatica per cercare di misurare l’ampiezza dei magazzini di spazzatura sedimentati on line. Enrique Dans, docente di sistemi tecnologici all’ Instituto Empresa, per esempio, ha classificato i seguaci di Diogene in varie categorie, secondo la gravità di sindrome.
C’è il “revisore di conti”, che conserva tutto, però con metodo, catalogando il materiale che riceve. C’è il “selettivo” che ha imparato, a proprie spese, le conseguenze di una cassetta postale esplosa, e ora elimina con più coraggio il superfluo. C’è il “sentimentale” che si affeziona ai messaggi di posta o a chi glieli ha inviati e li custodisce secondo un filtro emotivo, come missive d’amore. E c’è il "Diogene" allo stato puro che non butta nulla e accatasta tutto senza criterio. All’estremo opposto, c’è il “vivalavirgen”, espressione spagnola per indicare un irresponsabile, che invece svuota sistematicamente e completamente la sua casella. Il problema, secondo i professionisti interpellati, è che - con il sempre maggior spazio offerto dai provider -, anche i navigatori più sani e meticolosi finiscono per lasciarsi contagiare dal dubbio o dalla pigrizia, rinviando la verifica su ciò che è utile e ciò che non lo è più o non lo è mai stato. Gli spagnoli connessi ricevono 350 milioni di email al giorno, mediamente 23 a testa, secondo Contactlab, un’impresa specializzata in questi rilievi; e, anche con l’aiuto dei filtri sociali che dirottano i messaggi spam riconosciuti, spesso non riescono a tenere il passo nello smaltimento della corrispondenza elettronica. Sebbene il 12% degli utilizzatori si sia già dotato di dispositivi mobili per il controllo a distanza e 24 ore su 24 della posta. D’altra parte, l’80 % degli spagnoli ha più di un indirizzo email e l’11% ne ha addirittura quattro. Troppe “case” da ripulire ogni giorno. Basta una breve assenza di qualche giorno e l’ambiente è saturo. Proliferano quindi i consigli di psicologi, o di Diogeni recuperati, per sopravvivere. Tipo: non rileggere mai una seconda volta le email, per decidere che cosa farne; raggrupparle piuttosto in cartelle sotto titoli immediati come “da fare”, “leggere”, “devo”, “mi è dovuto”. E soprattutto non rinviare la risposta, se non richiede più di due minuti. La regola d’oro: inviare il minor numero di email possibile, perché più se ne mandano più se ne ricevono.

(Adattato da Il Corriere. Foto dal web)
E voi che tipo di internauta siete?

lunedì 30 marzo 2009

GLI ANIMALI E LA RICERCA

Chissà se aveva davvero ragione Ovidio: «Crudelitas in animalia est tirocinium crudelitatis contra homines», «la crudeltà contro gli animali è un apprendistato della crudeltà contro gli uomini». O il professor Albert Einstein: «Vivisezione, nessuno scopo è così alto da giustificare metodi così indegni». Sono frasi assai citate dagli animalisti. Ma che Ovidio ed Einstein avessero ragione o no, il loro pensiero non sembra aver cambiato l'Europa: la sperimentazione animale è ancora oggi il perno della ricerca scientifica.
Il commissario europeo all'Ambiente dice: «È di cruciale importanza metter fine agli esperimenti sugli animali». I numeri dicono però che ci vorrà ancora molto tempo. Ogni anno, nei laboratori dell'Unione europea, si compiono esperimenti su oltre 12 milioni di animali. Dati del 2005, gli ultimi disponibili: su 12,1 milioni di animali in generale, 6.430.346 topi, 2.336.032 ratti, 31.535 criceti, 312.681 conigli e lepri, 3.898 gatti, 24.119 cani, 5.312 cavalli e asini, e così via. E ancora: proscimmie e scimmie di piccole-medie dimensioni come le «saimiri» brasiliane, 10.443; grandi scimmie antropomorfe come l'orango, lo scimpanzé e il gorilla: zero (da anni, la Ue vieta ogni esperimento su di loro); serpenti e tartarughe, 2.477; pesci, 1.749.178.

Negli Stati della zona euro, dal 2002 al 2005 il numero degli animali-cavia è aumentato di 399.279 unità, pari al 3,1%. I roditori sono il 77,5% del totale. Seguono gli animali a sangue freddo (15%) e gli uccelli (5,4%). Alcune specie sono calate: criceti, capre, proscimmie, quaglie e rettili erano prima il 40% del totale e sono ora il 22%. È invece aumentato del 36% il numero dei bovini. E sono comparsi «nuovi» animali: foche, lontre, scoiattoli, pappagalli, uccelli diamantini. In due parole: nei laboratori si agita un mare di pellicce, gusci, pelli e scaglie, che per gli animalisti cela un massacro intollerabile, e per i ricercatori è una miniera di conoscenza indispensabile per battere le malattie.
Lo scontro ruota su due domande: è giusto, eticamente, far soffrire un essere capace di soffrire? E quanto questa sofferenza può essere giustificata dalla sua utilità scientifica? Una prima risposta è appena giunta da Bruxelles, con il bando dei test nel campo dei cosmetici. La stessa Commissione propone di aggiornare la direttiva già esistente sulla sperimentazione animale, e si promette di migliorare le condizioni ambientali nei laboratori.
Per gli animalisti non basta, puntano il dito contro «le lobbies farmaceutiche».
La Coalizione europea per l'abolizione degli esperimenti sugli animali, vorrebbe vietare i test su tutte le scimmie, grandi e piccole. Troppo presto, dicono gli esperti incaricati dalla Ue: «oggi l'uso di primati non umanoidi è essenziale per il progresso scientifico in diverse aree importanti della ricerca sulle malattie». In particolare, «nella comprensione di malattie infettive come l'Hiv-Aids», per le quali queste scimmie sono «l'unica specie suscettibile» (di contrarre il virus, ndr) e perciò «l'unico modello animale utile per studiare la malattia, e per sviluppare vaccini e terapie sicuri ed efficaci».

Conclusione: «Gli animali dovrebbero essere usati nella ricerca medica quando è inevitabile e quando non sono disponibili validi metodi alternativi»: ma giungere a rimpiazzarli nei laboratori sarà «un processo lungo e difficile». Le posizioni sono dunque ancora distanti.
Ma c'è anche chi intravede un compromesso. Per esempio Andrea Chiti-Batelli, propone: «È vero che molti esperimenti sono ancora utili e si devono fare (ma se ne fanno anche di molti inutili). E molti dovranno, per varie ragioni, essere ripetuti. Ma perché farli contemporaneamente in più centri di ricerca?».
(Adattato da Il Corriere. Immagini dal web)

venerdì 27 marzo 2009

TORNA L'ORA LEGALE


Lancette avanti di un'ora nella notte tra sabato e domenica. Alle 2 di domenica 29 marzo scatta infatti l'ora legale, che resterà in vigore per sette mesi, fino alla notte tra il 24 e il 25 ottobre prossimi.
Termina così il periodo di ora solare, che accompagna i cinque mesi invernali, con l'obiettivo di recuperare un'ora di luce in più a fine giornata. La mattina di domenica, dormiremo un'ora di meno. Ma il sonno perso sarà recuperato in fretta.

C'è intanto chi si interroga sui vantaggi (o meno) dell'introduzione di questa consuetudine. Non farebbe risparmiare, secondo uno studio dell'Università della California, che ha analizzato sette milioni di abitazioni nello Stato dell'Indiana, concludendo che l'ora legale ha aumentato i consumi annuali delle utenze domestiche tra l'1% e il 4%, per una spesa aggiuntiva di 8,6 milioni di dollari l'anno. In Italia, invece, lo scorso anno, secondo i dati di Terna, nei sette mesi di ora legale sono stati risparmiati 646 milioni di chilowattora di elettricità, pari a circa 99 milioni di euro.

In Italia l'ora legale è stata adottata per la prima volta nel 1916, dal 3 giugno al 30 settembre. Negli anni successivi l'inizio fu anticipato a marzo. La norma rimase in vigore fino al 1920 e poi venne abbandonata. Dopo 20 anni, però, si decise di farvi di nuovo ricorso: Mussolini decretò che era necessaria e la riammise. L'ora legale tornò così in auge nel 1940 e negli anni del periodo bellico, e vi rimase fino al 1948, anno in cui venne nuovamente abolita. L'adozione definitiva risale al 1966, durante gli anni della crisi energetica. Per i primi 13 anni venne stabilito che l'ora legale dovesse rimanere in vigore dal 22 maggio al 24 settembre. Dal 1981 al 1995, invece, si stabilì di estenderla dall'ultima domenica di marzo all'ultima di settembre. Il regime definitivo è entrato in vigore nel 1996 quando si decise di prolungarne ulteriormente la durata dall'ultima domenica di marzo all'ultima di ottobre.
Sono ormai quasi tutti i Paesi industrializzati, proprio in virtù dei risparmi possibili, ad aver adottato l'ora legale, secondo un criterio di fissazione delle date di inizio e fine il più possibile coincidenti, soprattutto per non complicare gli orari dei vettori aerei, anche in considerazione delle stagioni e delle necessità di Stati che si trovano in emisferi diversi. Quindi l'ultima settimana di marzo che in Europa (compresa la Russia) segna l'inizio del regime di ora legale, nell'emisfero australe ne celebra la fine. Ma c'è anche qualcuno che, come il Giappone, non aderisce: a mettere i bastoni tra le ruote (come in passato anche in Francia) sono stati gli agricoltori, visto che è soprattutto nelle prime ore della mattina che è concentrato il lavoro nei campi ed è allora che serve più luce. Le lancette non si spostano anche in gran parte del resto dell'Asia, come in Africa. Qualche incertezza, infine, per l'orologio di chi decide di visitare l'Antartide: qui l'ora legale - e quindi solare - cambia a seconda di quale bandiera sia issata sulle basi che sono state istituite per motivi scientifici (ma non solo) sull'immensa placca di ghiaccio.

(Adattato da La Repubblica)

martedì 24 marzo 2009

IN DIFESA DELLA SCUOLA PUBBLICA


Notizia tratta da "La Repubblica" di oggi:
"Dopo un tam tam durato settimane, il ministero dell'Istruzione italiano rende ufficiali i tagli agli organici del personale docente. Ed è il Sud che, soprattutto nella scuola primaria, viene penalizzato due volte: per la mancanza di servizi e per i posti che perde. Più di metà degli oltre 37 mila posti che svaniranno dal prossimo settembre verranno tagliati nelle regioni meridionali. Nella scuola elementare, due cattedre su tre salteranno proprio al Sud. Il taglio complessivo (su scuola primaria, media e superiore) è di 36.854 cattedre di cui 20.311 proprio al Sud.
Il taglio più consistente si abbatterà sulla scuola secondaria di primo grado (l'ex scuola media) che, soprattutto per effetto del calo delle ore di lezione, vedrà svanire di botto 15.541 cattedre: una su dieci. Segue la scuola secondaria di secondo grado che, attraverso la formazione di classi più affollate, perderà 11.346 cattedre. In sostanza, le regioni del Sud perderanno un posto per ogni alunno in meno."

E questo è quello che succede nella scuola italiana, ma anche in quella spagnola le cose non vanno granché bene. I nostri amici di Chiodo sc(hi)accia chiodo ci hanno girato un meme, cioè una specie di "passaparola" il cui proposito, in questo caso, è quello di difendere lo studio delle materie classiche nei licei spagnoli, minacciate dai tagli della Conselleria. L'idea è partita dal blog Les ales de Pegàs, ma anche noi di Oblo'(g) ci uniamo volentieri e firmiamo la petizione perché siamo convinti dell'importanza fondamentale dello studio delle materie classiche nella formazione scolastica.
Ma in realtà, neanche las Escuelas Oficiales de Idiomas sono fuori pericolo.
I tagli di cui stiamo parlando, potrebbero inoltre colpire anche le nostre EEOOII, per esempio con l'aumento del numero minimo di alunni per poter aprire un gruppo. Come voi ben sapete, nelle lingue minoritarie come l'italiano (ma anche il portoghese, il tedesco, l'arabo, il russo, ecc.) questo porterebbe alla soppressione di molti gruppi e all'impossibilità di fatto di continuare a studiare queste lingue minoritarie, soprattutto oltre il livello básico.
Speriamo che questo non avvenga, ma se potete, fate girare anche voi la voce. Difendiamo una scuola pubblica di qualità, che permetta veramente a tutti di studiare una lingua straniera in una scuola pubblica.
E anche se la Conselleria sembra non capirlo, di lingue, ce ne sono davvero tante a parte l'inglese!



venerdì 13 marzo 2009

martedì 10 marzo 2009

L'Italia si può dimenticare?


Alla lunga lista di stranieri che hanno scritto un libro sull’Italia, ora si aggiunge, con Stai ha vedere che ho un figlio italiano, lo statunitense Jeff Israely, sposato con un’italiana e che è stato corrispondente a Roma per il settimanale Time. Dopo essersi conosciuti a Oakland, lui ha spinto lei a tornare insieme in Italia, dove hanno avuto due figli, Tommaso e Ruby. Però, dopo che alla moglie viene offerto un nuovo lavoro a Parigi e con Tommaso in seconda elementare, si sono trasferiti nella capitale francese. Proprio il figlio Tommaso, nato nel 2000, è il personaggio principale di questo suo libro e per quanto il bambino abbia dovuto lasciare così presto il proprio paese di nascita, pare che il suo essere italiano rimanga intatto, affermando di essere “mezzo americano ma tutto italiano”. Prendendo spunto da questo sentirsi così italiano del figlio, Israely lo prende come protagonista per raccontare una propria visione sull’Italia.


Per la presentazione di questo libro in Italia, Beppe Severgnini, scrittore che probabilmente molti conoscerete per la sua ironica ma simpatica descrizione degli italiani nei suoi libri come, Italiani si diventa, Italiani con valigia oppure La testa degli italiani, ha intervistato Israely attraverso Italians, il suo forum sul Corrire.it, intitolando la puntata: L’Italia si può dimenticare?.

Se volete leggere l’opinione di Severgnini sul libro, cliccate qui, oppure potete guardare l’intera intervista a Jeff Israely qui. Intanto, vi lasciamo con le parole di Severgnini dopo aver letto questo libro:

domenica 8 marzo 2009

UNA MIMOSA PER LE DONNE


Qui in Spagna, l'8 marzo è la "festa della donna lavoratrice" e normalmente il colore che caratterizza le donne è il viola chiaro; in Italia invece, la festa è ritenuta più generale tanto che il nome è FESTA DELLA DONNA ed ha forse come colore caratteristico il giallo delle mimose. Ma perché la mimosa come simbolo della festa delle donne?
Il fiore simbolo dell’8 marzo è stato inventato in Italia, esattamente nel 1946. L’Udi (Unione Donne Italiane) stava preparando il primo "8 marzo" del Dopoguerra, e si pose il problema di trovare un fiore che potesse caratterizzare visibilmente la Giornata. C’era il precedente del garofano rosso per la festa del lavoratori il Primo maggio, che come simbolo aveva sempre funzionato bene, soprattutto negli anni del fascismo, durante i quali metterselo all’occhiello era un segnale inequivocabile, e non privo di rischi.
Alle giovani donne romane piacquero quei fiori gialli profumatissimi, che avevano anche il vantaggio di fiorire proprio nel periodo giusto e non costavano tantissimo. Quindi la scelta della mimosa non ha un significato recondito, ideologico o quant’altro. Fu una scelta semplice e casuale, ma indovinata, un’idea di grande successo, visto che è rimasta stabile fino ai nostri giorni. Si offre alle ragazze, alle mogli e alle amiche, alle impiegate nei luoghi di lavoro e alle mamme. E’ un dono che viene fatto non solo dagli uomini, ma si usa regalarsela anche fra donne.
E oltre ad essere un fiore profumatissimo e durevole, lo si trova l’8 marzo come "logo" di tanti manifesti, cartoline e copertine di giornali.
Un caro saluto a tutte le nostre lettrici alle quali regaliamo -seppur virtualmente- un mazzolino di mimose.

martedì 3 marzo 2009

“Vado a vivere a Valencia” Guida pratica, 9,9 euro

Perché sempre più italiani decidono di venire a vivere a Valencia?

La risposta sta in una guida pratica dal titolo molto accattivante “Vado a vivere a Valencia”. E si può comprare on-line. Se non ci credete date un’occhiata a questo link:


http://www.viverevalencia.net/la-guida-del-primo-mese.php

Ma ecco cosa dice il suo autore:



La guida fondamentale per chi ha deciso di cambiare Vita!

La guida pratica che ti accompagna passo passo al trasferimento a Valencia, con tutte le indicazioni di quello che ti aspetta, le spese che dovrai affrontare, le strategie per risparmiare tempo e soldi ed inserirti velocemente nella comunità Valenciana. Le strategie per conoscere gente, trovare lavoro, alloggio e visitare la città risparmiando.

Questo ebook è indirizzato in particolare a chi mira alla realizzazione di un sogno. Una volta scrissi nel mio Blog ”Qui vedo un futuro diverso o meglio qui vedo un futuro ….”, il mio sogno si è realizzato, e spero che questo possa succedere anche a te. Ma per poter realizzare i propri sogni ci vuole una forte determinazione, una grande pazienza e il” sapersi orientare” ed è per questo che nasce l’idea di questa guida.

Con 26 pagine la guida intende orientare nel momento più critico per una persona che decide di andare a vivere all’estero, ovvero nel primo periodo. Muovere i primi passi in una nuova città senza spesso nemmeno conoscere bene la lingua, sono convinto che sia davvero DURO!

Però dai primi istanti di questa nuova vita dipenderà il successo o il fallimento del proprio sogno.
Ricorda che “Chi ben comincia è a metà dell’opera”!

domenica 1 marzo 2009

Lingue in pericolo di estinzione

Sono al momento 6.900 le lingue che si parlano al mondo e 2.500, o forse addirittura il 90%, rischiano di scomparire entro la fine di questo secolo. Negli ultimi cinque secoli, in seguito a guerre, genocidi, messa al bando di lingue regionali e assimilazione culturale delle minoranze etniche, ne sono già state cancellate tra 4.000 e 9.000, tra cui più di 200 si sono estinte nel corso delle ultime tre generazioni. Mentre, 538 sono in situazione critica, 502 seriamente in pericolo, 632 in pericolo e 607 vulnerabili.

I dati sono, a dir poco, sbilanciati, poiché solo 250 lingue in tutto il pianeta, cioè il 4% del totale, sono parlate da più di un milione di persone, mentre la metà del totale delle lingue fa un insieme di solo 250.000 persone.

Con questi dati particolarmente inquietanti, l’Unesco ha approfittato della Giornata Mondiale della Lingua Madre, 21 Febbraio, indetta nel 1999 con l'intento di tutelare la diversità linguistica e più in generale la diversità culturale, per presentare e diffondere la mappa interattiva (in .pdf) delle lingue in via di estinzione.


: vulnerabile
: in pericolo
: seriamente in pericolo
: situazione critica
: estinta

(mappa delle 2.500 lingue a rischio - fonte: Unesco)

Il direttore dell'Unesco, Koichiro Matsuura, ha detto “La lingua madre è senz'altro l’unico mezzo capace di esprimere appieno ogni necessità di comunicazione, non è semplice veicolo di messaggi, ma è l’espressione di tutto un mondo di valori culturali e sociali, di tradizioni e di conoscenze. In questo senso, la lingua è espressione del patrimonio culturale immateriale, che va salvaguardato e trasmesso alle generazioni future. La morte di una lingua porta anche alla scomparsa di tante espressioni orali come la poesia, le leggende, i proverbi, le barzellette, un enorme patrimonio immateriale. La perdita delle lingue è dannosa per tutta l'umanità anche perché contribuiscono alla conservazione della biodiversità, trasmettendo conoscenze sulla natura e sull'universo.”


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